Helsinki-Vantaa, porta d’Oriente

Il Giappone, Helsinki e il viaggio di una vita

A volte va così: trovi per caso il tuo posto nel mondo. 
Centinaia di tavolini, sculture di luce, l’angolo biblioteca, visi asiatici e europei, ma dell’aeroporto di Helsinki-Vantaa mi rimarrà in mente soprattutto lui, il cuoco del Two Tigers, con quell’espressione tipica di chi sa di essere in sintonia con la vita.

Qui lo chiamano il “maestro” per le prodezze che è capace di fare in cucina; lavora il pesce con calma – con la meditata precisione di un monaco buddista – e a osservarlo quasi ti dimentichi di tutto: dell’aereo che devi prendere, del viaggio in cui sei immerso e persino che sei lì per mangiare e non per ammirare.

Non è una sosta, è un tuffo in un continente diverso: nello scalo di Helsinki-Vantaa, i 60 posti a sedere del Two Tigers sono ancora una dimensione a sé. Il legno alle pareti, gli aromi che riempiono l’aria, lo schiocco secco delle bacchette che si separano, gli occhi a mandorla, il rapido rincorrersi di parole che arrivano dall’est del mondo: un microcosmo d’Oriente nel cuore del Nord.

Se lo scalo di Helsinki-Vantaa è il primo sguardo sull’Europa per un numero sempre più elevato di orientali, questo locale è un ottimo punto di contatto. Grazie anche alla maestria del cuoco. 

Eppure Hiroshi Tanaka – questo è il suo vero nome – non avrebbe mai immaginato che proprio la sua antica passione, il sushi, l’avrebbe condotto così lontano dalla sua terra. Appena ventenne partì da Kyoto, spinto dalla curiosità di scoprire il mondo al di fuori del Giappone, armato solo di quell’arte nobile che i maestri di sushi si tramandano da generazioni. Arrivò in Europa con l’idea di visitare il Vecchio Continente rimediando qualche lavoretto qua e là, magari come cameriere o aiuto in qualche ristorante. Al futuro ci avrebbe pensato dopo, al suo ritorno in patria.

Barcellona, Milano, Londra, Amsterdam: su e giù per le capitali, dieci anni trascorsi ad imparare un mondo che voleva scoprire.  Ovunque andasse, poteva sempre contare sul suo talento: uno chef di un ristorante giapponese che ha bisogno di un aiuto, in fondo, si trova sempre.

Le svolte però arrivano improvvise, senza che tu le vada a cercare. L’ennesimo viaggio, la decisione coraggiosa di puntare su un sentimento appena nato che da un incontro ad Amsterdam porta dritto a Helsinki. Uno sguardo, un taxi, un volo: tutto è diverso. Proprio qui, nell’aeroporto che, sfruttando la rotta polare sta avvicinando sempre più l’Asia con l’Europa1, la scoperta del significato di essere un giapponese di Finlandia.

Il presente: il mar Baltico e la decisione di mettere radici. A ispirarlo sono stati i luoghi, capaci di offrire ancora lo spettacolo di una natura incontaminata, e l’amore. Ma l’incontro con Kim fa parte di un’altra storia.

La storia che ci interessa è quella che passa per i corridoi dell’Helsinki-Vantaa, dove il crescente flusso di viaggiatori asiatici ha reso naturale la nascita di un locale come il Two Tigers e – dietro quel bancone – la presenza di uno come lui, capace di far sentire tutti a casa.

Quello che conta è che qui Hiroshi ha trovato il senso. Lui dice così e a guardarlo esercitare la sua arte dietro il bancone, non si può fare a meno di credergli.

Giapponese ed europeo, come il Two Tigers, come l’aeroporto di Helsinki, questo è Hiroshi.

Tra Asia ed Europa, se ci si guarda attorno – davanti a un piatto di sushi o una porzione di noodle – si capisce che qui si sentono tutti in armonia.